Era il 21 luglio 2015 e in aula, in Consiglio Regionale di Basilicata, il M5S cercò nuovamente e testardamente di opporsi all’irresponsabile disegno “trivellatore” (e inceneneritorista) di Renzi. Lo definimmo il “nostro appello all’unità”: dopo i ripetuti rifiuti di Pittella di impugnare le vergognose norme pro-trivelle, il M5S rinnovava la richiesta al Consiglio Regionale di ritrovare l’orgoglio e la dignità di essere lucani, difendendo la nostra terra anche attraverso un referendum abrogativo dell’articolo 35 del decreto Passera (trivellazioni entro le 12 miglia marine) e degli articoli 35 (Sblocca inceneritori), 37 (Sblocca gasdotti e oleodotti) e 38 (Sblocca Trivelle) dell’infame decreto legge “Sblocca Italia”.
Quasi 7 mesi dopo, nonostante mille tribolazioni e tentativi di sabotaggio (più o meno mascherati), abbiamo finalmente un risultato concreto: la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il sesto quesito, quello sulle attività petrolifere entro le 12 miglia marine, che, dopo la riscrittura della Cassazione, si incentra sull’attuale previsione che i titoli concessori già rilasciati debbano essere fatti salvi “per la durata di vita utile del giacimento”.
Il M5S Basilicata ritiene il risultato positivo, ma non si ritiene certo appagato. La strada per ottenere un definitivo “stop alle Trivelle” è ancora lunga e difficile. Guardiamo oltre e attendiamo l’esito del conflitto di attribuzione sollevato dai delegati di nove dei dieci Consigli Regionali, in seguito al giudizio della Corte di Cassazione che ha ritenuto soddisfacenti le modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2016 oltre che per il primo, il quarto ed il quinto, anche relativamente al secondo (piano aree) ed al terzo (proroghe titoli concessori), dichiarando che non avrebbero più avuto corso le operazioni concernenti le relative richieste referendarie.
Rimaniamo coi piedi ben saldi per terra: non ci lascia affatto tranquilli la schizofrenia che caratterizza molti esponenti politici sparsi nei vari livelli istituzionali. Basti pensare alla clamorosa “inversione ad U” della Regione Abruzzo che, nel giro di qualche giorno, pare essere passata chiaramente su una posizione possibilista sulle trivellazioni, abbandonando il fronte “NO-TRIV”.
Intanto, con tutta la spocchia e boria tipica delle multinazionali, la Shell fa sapere di aver presentato tre istanze di valutazione di impatto ambientale (VIA) per altrettanti permessi di ricerca di idrocarburi denominati La Cerasa, Pignola e Monte Cavallo (Val D’Agri e Valle del Sauro). Come vedete i giganti delle energie fossili non si lasciano certo intimorire dalle proteste di un popolo e di un territorio allo stremo, come quello lucano. Anzi, cercano la sponda di un governo supino alle esigenze delle compagnie petrolifere e da parte delle istituzioni locali ormai suddite e completamente appiattite su un arcaico e disastroso modello di sfruttamento di giacimenti: un modello che permette di fare profitti alle multinazionali del petrolio ma che rischia di compromettere definitivamente i delicati equilibri ecologici della nostra terra.
Tutto questo conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che al di là delle modifiche legislative di un legislatore “ballerino” che pare eterodiretto da interessi che non sono quelli delle comunità che abitano i territori, il referendum abrogativo (che con tutti i suoi attuali limiti resta comunque espressione della democrazia diretta) appare l’unica via per arginare la “furia” trivellatrice e le assurde pretese delle multinazionali petrolifere, ricordando, nel contempo, a Matteo Renzi che, per sua sfortuna, la sovranità spetta al popolo italiano. Che il “bomba” se ne faccia una ragione!
Gianni Perrino
Portavoce M5S Basilicata – Consiglio Regionale