Una pubblica istituzione – la Regione Basilicata – ha approvato la proposta di referendum abrogativo sulla quota proporzionale della legge elettorale nazionale. Una proposta politica nata tra i prati di Pontida e catapultata nelle sedi istituzionali con il solo scopo di modificare, per le vie brevi cioè senza l’indispensabile conforto dell’espressione popolare, le norme e le modalità che regolano il diritto dei cittadini a scegliere le proprie rappresentanze parlamentari.
Prima ancora dei profili inerenti gli aspetti di incostituzionalità da più parti richiamati a riguardo della proposta di Referendum avanzata per abrogare le attuali leggi elettorali da parte delle rappresentanze del Partito della Lega, si pongono questioni di serietà – oltre che di correttezza istituzionale – che avrebbero invece dovuto portare chi l’ha votata anche in Basilicata a tener conto almeno di due fattori:
- la portata “universale” sulla popolazione e gli effetti che su di essa producono le regole elettorali richiedono, necessariamente, un ampio dibattito e confronto, non solo all’interno dell’assise consiliare, ma dell’intero corpo sociale ed associativo, attraverso specifiche adunanze pubbliche e audizioni delle rappresentanze civili;
- lo strumento della scorciatoia del Referendum di iniziativa istituzionale (cinque Regioni) e non popolare, con la raccolta delle firme da parte dei cittadini, applicato su una materia di natura prettamente politica e per di più proveniente da uno specifico partito, rappresenta un cattivo esempio di funzionamento delle istituzioni che invece devono mantenere, per propria definizione, un profilo al di sopra delle parti e di rispetto e garanzia per tutti.
Pur considerando la praticabilità formale di una procedura contemplata dai dispositivi legislativi statali e regionali (che nessuno vuol mettere in discussione) aver approvato la proposta avanzata dal gruppo regionale della Lega, infliggerà un duro colpo, tanto all’agire democratico (attraverso il protagonismo delle espressioni sociali nelle scelte che riguardano l’intera popolazione), quanto alla credibilità stessa della massima istituzione regionale.
Questione del tutto differente e non contestabile, sarebbe stata, diversamente, una iniziativa della Regione su un eventuale percorso di consultazione e di acquisizione dell’espressione diffusa dei cittadini lucani su una materia così complessa e delicata, sganciata da qualsiasi collocazione e connotazione politica.
Inoltre, nel merito delle valutazioni politiche, sarebbe stato doveroso un maggior atteggiamento di prudenza istituzionale, per la stessa fretta con cui è nato questo provvedimento che é in forte contraddizione con le stesse posizioni del capo della Lega, Salvini. Oggi folgorato sulla strada del maggioritario puro ma che, in tempi ancora recenti, è stato strenuo sostenitore del NO al Referendum costituzionale che travolse anche la legge ad impronta maggioritaria dell’Italicum!
Infine, ultima, ma non secondaria per ordine di considerazioni. Sarebbe stata regola giusta ed opportuna chiamare il Consiglio regionale a deliberare e legiferare non tanto su argomenti collegati alle filiere di appartenenza politica, ma su questioni di cui è chiara la ricaduta sul proprio territorio e sulla propria popolazione di cui, nel caso specifico, non c’è traccia di spiegazione e riferimento!
Ciò detto, presidente Bardi e consiglieri che avete votato a favore, la domanda nasce spontanea: per cosa e per chi governate per davvero?
Gino Giorgetti
Consigliere Regionale MoVimento 5 Stelle