Ormai le preoccupazioni che da tempo facevano breccia nelle teste dei cittadini materani si sono materializzate: la Giunta Regionale ha dato parere positivo al progetto di Italcementi per bruciare fino a 60 mila tonnellate di monnezza all’interno dei suoi forni. Anche due materani doc, Luca Braia e Roberto Cifarelli, da assessori regionali, non hanno fatto mancare il loro appoggio a questo progetto.
Tralasciando le considerazioni politiche è utile soffermarsi su alcuni aspetti tecnici che hanno caratterizzato il giudizio favorevole al progetto.
Come è possibile leggere di seguito, in una delle controdeduzioni alle osservazioni redatte dall’Ente Parco della Murgia in merito alla progressiva eliminazione del pet-coke, gli uffici regionali sostengono che l’impiego di questa pericolosa sostanza è molto limitato rispetto agli anni precedenti:
Ma l’affermazione è smentita dalle quantità di pet-coke che la stessa Italcementi ha dichiarato di aver utilizzato negli anni dal 2010 al 2014 nelle integrazioni all’Istanza di A.I.A. inviate nel 2015:
la tabella mostra quantitativi che, evidentemente, non possono essere qualificati come “molto limitati”. La quantità media di pet-coke utilizzata nel quinquennio 2010-2014 è di 42 mila t/anno.
Un aggiornamento fornitoci da ARPAB solo qualche giorno fa, dopo nostra formale istanza di accesso agli atti, conferma che il quantitativo di pet coke è ulteriormente aumentato nel 2015 e nel 2016, rispettivamente a 53 mila e 54 mila tonnellate.
Ma vi sono altri dubbi sull’autorizzazione concessa dalla Giunta regionale a Italcementi. L’area in cui è ubicata la cementeria è interessata dalla presenza dei siti “Natura 2000” ovvero di siti che fanno parte di una rete ecologica istituita ai sensi della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE al fine di garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario. Nelle carte relative all’iter di concessione dell’autorizzazione a Italcementi, viene definito “trascurabile” l’impatto ambientale del cementificio. A tal riguardo corre l’obbligo di rammentare una recente sentenza del Consiglio di Stato sul ricorso promosso dal WWF contro il progetto del pirogassificatore in territorio di Metaponto (MT): l’organo di ultima istanza della giustizia amministrativa ha ribadito che per i siti della Rete Natura 2000 “essendo l’obiettivo di tutela del legislatore europeo e nazionale quello massimo di conservazione dei siti”, la valutazione di incidenza ambientale (c.d. VINCA) va fatta anche per i progetti che ricadono fuori l’area protetta ma che possono avere incidenza su di essa. Il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso del WWF, ha evidenziato che è fondamentale che la VINCA venga realizzata in maniera approfondita nel rispetto dei requisiti di legge approfondendo tutti i possibili aspetti di interferenza ambientale.
Anche le controdeduzioni fornite alle osservazioni espresse dal M5S Matera e dal Comitato NIM sul monitoraggio della qualità dell’aria sollevano non poche perplessità. Nella delibera si fa riferimento alla campagna di monitoraggio posta in essere a seguito della firma del protocollo di intesa siglato dal Comune di Matera, Italcementi e altri enti pubblici locali e strumentali. Basta leggere la prima relazione di ARPAB del 2014 per ritenere fondati i dubbi sulla reale attendibilità degli esiti dei richiamati monitoraggi. A titolo di esempio si propone questo eloquente stralcio:
tra centraline vandalizzate e dati che si riferiscono a poche settimane di monitoraggio, crediamo che la campagna non sia stata proprio il massimo in termini di efficienza ed attendibilità.
Inoltre, dai verbali delle conferenze dei servizi emerge la richiesta del Comune di Matera di ridurre progressivamente la quantità di NOx (ossidi di azoto) fino a 300 mg/Nmc nel 2018. Le parti (Italcementi e il Comune di Matera) si sono “accordate” fissando il limite di NOx a 450 mg/Nmc. Non si comprende, sul punto, la disparità di trattamento tra Matera e altri impianti (cementifici) del gruppo tedesco in Italia. Ad esempio a Calusco d’Adda (Bergamo) Italcementi, in un comunicato di gennaio 2016 avanzava la proposta di abbassare i livelli emissivi fino a 300 mg/Nmc. Tuttavia, si tenga conto che anche il limite di 450 mg/Nmc è pari a ben due volte e mezzo superiore ai limiti massimi fissati dalla legge per gli inceneritori “classici” (di seguito la tabella tratta da una relazione presentata a Matera nel gennaio 2014 dal dott. Agostino Di Ciaula, responsabile pugliese dell’Associazione Medici per l’Ambiente, ISDE):
Al termine di questo viaggio nella combustione della monnezza dobbiamo spendere anche qualche parola sul tipo di rifiuti fino ad ora inceneriti a Matera. Dai MUD (modelli unici di dichiarazione ambientale) che avevamo richiesto per quantificare le generiche “limitate quantità” di ceneri contaminate della centrale ENEL di Brindisi, e che la stessa Italcementi aveva dichiarato di utilizzare nella cementeria di Matera, si evidenzia nel 2016 la “limitata quantità” di quasi 1800 tonnellate.
Alla luce di questi dati incontrovertibili, appare davvero arduo credere alla bontà dell’operazione messa in atto dalla Giunta Pittella e dall’amministrazione comunale De Ruggieri sul cementificio di Matera. Le preoccupazioni sulle ricadute sanitarie e ambientali non solo persistono ma si aggravano. Per il 2019 era forse lecito aspettarsi ben altro: non di certo una vera e propria “odissea nella monnezza incenerita”. E un cementificio che si trasforma definitivamente in un inceneritore proprio alle porte della “Capitale Europea della Cultura”.
Gianni Perrino
Portavoce M5S Basilicata – Consiglio Regionale