La recente notizia della messa in vendita dell’ex stabilimento Maserati a Grugliasco (Torino) su un noto sito di immobili, induce a fare una riflessione sul difficile (e preoccupante) momento della nostra industria automobilistica.
Il gruppo Stellantis, proprietaria del marchio Maserati, ha messo fine, così, al grande sogno di Sergio Marchionne, cioè rendere Torino il cento propulsivo della rinascita dello storico marchio modenese, famoso e blasonato in tutto il mondo.
Ma la vendita di un sito industriale di 200mila mq su un comune sito di immobili è una vicenda tanto grottesca quanto indicativa del fatto che Stellantis stia centralizzando sempre più la produzione in pochi stabilimenti, accarezzando l’idea di lasciare l’Italia e spostare gli indotti verso altri lidi.
Un altro esempio a questo proposito è la situazione dello stabilimento di Cassino, la cui palazzina della direzione è stata venduta per 1,6 milioni di euro. A questa vendita, poi, si è aggiunta la dismissione di due capannoni con 4 linee produttive che in passato si occupavano di verniciatura, lastratura e magazzino.
Anche le parole di Giorgio Marsiaj, presidente uscente dell’Unione Industriale di Torino, che ha esortato Stellantis di lasciare qui gli ingegneri – come a dire: “il Gruppo lasci a Torino la progettazione, la ricerca, la testa pensante” – dovrebbero far riflettere.
Azioni e parole fanno intuire che nei piani di Stellantis ci sia più di una semplice riorganizzazione del suo apparato produttivo. Varie indiscrezioni giornalistiche riportano che la grande azienda automobilistica stia lavorando per
una delocalizzazione massiccia, la quale, nemmeno a dirlo, avrebbe effetti devastanti sul mercato del lavoro italiano e sulla nostra industria automobilistica.
Anche sul versante dei fornitori, la situazione non è rosea. Alcuni quotidiani hanno riportato che, durante una premiazione, Stellantis abbia esortato di dirottare parte della produzione destinata all’Italia verso le piazze asiatiche, ossia verso Paesi lowcost.
La vicenda Stellantis sta assumendo contorni sempre più preoccupanti. E a pagarne le spese saranno innanzitutto gli operai. A questo proposito, di recente l’azienda, dopo aver concluso in ottobre un accordo sindacale che rivedeva gli incentivi per le future uscite volontarie che riguardavano 2.000 dipendenti, ha inviato a circa 15mila impiegati italiani, una mail in cui veniva chiesto se erano interessati a costruire il loro futuro fuori da Stellantis.
Si tratta di una vera e propria esca, gettata in mare per capire se gli operai fossero invogliati ad accettare condizioni più favorevoli per lasciare l’azienda, offrendo loro soluzioni per aderire alla “clausola di sicurezza”, un’iniziativa che non ha bisogno di alcun intervento sindacale.
Per non parlare, poi, della situazione a Melfi, da mesi al centro dei riflettori soprattutto per l’incapacità del governo regionale, di far valere i diritti degli operai, vessati da spostamenti forzosi, angherie e quotidiani soprusi insopportabili.
La situazione di Stellantis richiederebbe una seria riflessione non soltanto a livello locale ma nazionale. Conoscere i piani dei vertici dirigenziali circa il futuro degli stabilimenti e degli operai è necessario affinchè i diritti di chi quotidianamente si reca sul posto di lavoro per fare il proprio dovere, siano garantiti e rispettati.
La politica italiana (e lucana, nel caso specifico di Melfi, uno degli stabilimenti più grandi e strategici del Meridione, che dà lavoro a migliaia di famiglie) è chiamata ad intervenire, con ogni mezzo, per tutelare gli interessi nazionali e quelli dei suoi cittadini. Anche in vista delle prossime elezioni regionali, tale vicenda è necessario venga affrontata con serietà e concretezza da tutti i candidati.
Ne vale il futuro dell’intera industria automobilistica nazionale e il destino di migliaia di lavoratori italiani e lucani, i quali non possono e non devono continuare a vivere nella più totale incertezza.
Gianni Leggieri, consigliere regionale