Avrei voluto non ottenere nuove prove a sostegno dell’inadeguatezza del direttore generale di ARPAB Antonio Tisci, di cui già pochi mesi fa avevamo denunciato la totale non aderenza al cruciale ruolo ricoperto. Una inadeguatezza rispetto a cui i diretti responsabili, l’assessore Gianni Rosa e il presidente Vito Bardi, hanno fatto le solite orecchie da mercanti.
I “meriti” che si aggiungono al già pessimo cursus honorum di Antonio Tisci sono gravissimi: dopo le parole di odio espresse in occasione del compianto Gino Strada, il patriota di Fratelli d’Italia pare essersi reso protagonista, questa volta, di atteggiamenti discriminatori ai danni di un lavoratore e di quattro lavoratrici, rei di aver espresso il proprio dissenso in occasione di un’assemblea sindacale.
Il peccato di questi lavoratori sarebbe stato quello di aver esercitato il proprio diritto di parola e di dissenso. La pena comminata sarebbe stata, per il lavoratore, la revoca del comando e, per le lavoratrici, una spedizione punitiva in aperta campagna, con relativo demansionamento.
Cioè, lavoratrici specializzate e qualificate per svolgere analisi di laboratorio sarebbero state inviate a prelevare e campionare materiale sul campo, in luoghi naturalmente sprovvisti di servizi igienici.
Nel ringraziare la Consigliera Regionale di Parità per la denuncia effettuata, non posso non rilevare il comportamento abusivo messo in campo dal direttore generale di ARPAB, che deve aver confuso l’agenzia regionale con la sezioncina di partito, per di più in rapporti mai nettamente negati con gruppi filo-fascisti, sotto casa.
Caro direttore, le do una notizia: l’ARPAB NON È CASA SUA, le lavoratrici e i lavoratori hanno da decenni conquistato importanti diritti sindacali e la discriminazione di genere è perseguibile penalmente.
Al di là del piano giuridico, esiste poi un piano morale, secondo il quale le sue recidive condotte possono ritenersi definitivamente riprovevoli e deprecabili. Così come deprecabile è il silenzio di chi a quel posto, la direzione di ARPAB, l’ha designata.
Chiedo, ancora una volta, al presidente Bardi, di rimuovere immediatamente il dg di ARPAB dal proprio ruolo e di nominare, al suo posto, una persona competente, le cui condotte non siano motivo di vergogna istituzionale.
Dai più alti scranni del Parlamentino lucano abbiamo il dovere di dare l’esempio ai nostri concittadini. La politica che perseguo e per cui non smetterò mai di battermi è una politica del merito e del rispetto. E in questa nomina sembra mancare tutto.
Carmela Carlucci
Consigliera regionale M5s Basilicata