Il memorandum sull’agricoltura siglato da Eni e Coldiretti è un vero e proprio paradosso, il supporto da parte di Eni del marchio lanciato all’inizio del 2019 da Coldiretti e che si chiama “Io sono lucano”, più che rilanciare l’agricoltura lucana, potrebbe definitivamente affossarla.
Con la franchezza di chi può parlare liberamente perché non deve chinare la testa dinanzi a nessun padrone o amico, posso affermare che la presenza di Eni in questa nostra meravigliosa terra ha assunto i caratteri di una colonizzazione, un’invasione barbarica che ha portato solo povertà ed emigrazione. A fronte di un prezzo altissimo pagato dalla Regione in termini di salute pubblica e devastazione del territorio, i vantaggi economici sono stati veramente pochi e limitati a poche persone. Certo, qualcuno ha avuto grossi vantaggi, ma questo qualcuno è la stessa Eni e qualche politico lucano che deve le sue fortune proprio all’amicizia con certe lobbies.
Eni in Basilicata paga royalties ridicole, le più basse al mondo e che ha tutta la convenienza a restare a queste condizioni nella nostra terra. È un dato questo che va ricordato, anche se non è l’aspetto economico della vicenda a interessarmi di più. Per onore di verità, però, non si può nascondere ai cittadini lucani che i benefici della occupazione del nostro territorio sono tutti per Eni e che nessuno degli accordi siglati ormai 20 anni or sono è stato rispettato dalla compagnia del cane a sei zampe. Nessuno di noi ha l’anello al naso e nessuno di noi è ancora disposto a farsi prendere in giro. Come non siamo disposti più a credere alla favola che ci vuole raccontare l’amministratore delegato di Eni quando afferma che le sue priorità sono ambiente e salute, agricoltura sostenibile. Da quando sono iniziate le attività estrattive in Val d’Agri le aziende agricole della zona si sono dimezzate. Questo semplice dato serve a rendere l’idea dell’impatto devastante che Eni e le altre multinazionali del petrolio hanno avuto. A fronte di questo calo impressionante delle attività agricole della Val D’Agri, il ritorno occupazionale determinato dall’industria del petrolio per la nostra Regione è stato molto misero.
Unico interesse di Eni è il profitto e questo viene prima di tutto. Prima della salute dei cittadini, prima del rispetto dell’ambiente, dell’agricoltura, prima persino del rispetto delle regole, come le vicende giudiziarie locali stanno ampiamente dimostrando. Il 23 aprile 2019 il dott. Francesco Curcio, Procuratore della Repubblica di Potenza, ha comunicato la chiusura delle indagini a carico di tredici persone (tra cui 5 membri, pubblici ufficiali, facenti parte del CTR, Comitato Tecnico Regionale) e di una persona giuridica, l’ENI S.p.A, per i reati di disastro ambientale, abuso d’ufficio, falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale. Le notizie ufficiali e i dati a disposizioni (alcuni già confermati dalla stessa ENI S.p.A.) ci dicono che in 16 anni sono stati contaminati e compromessi 26 mila metri quadri su un’area di 180 mila intorno al COVA (Centro Oli Val d’Agri); secondo la Magistratura sono state smaltite irregolarmente oltre 854 mila tonnellate di sostanze altamente inquinanti e pericolose.
Come già ribadito in un’interrogazione dal mio collega Gianni Perrino ritengo fondamentale conoscere quali azioni sono state messe in campo dalla Regione Basilicata per attuare quanto previsto dalla delibera 62/2019 che autorizza l’ufficio legale regionale a intraprendere ogni azione utile per ottenere un risarcimento dei danni da parte di ENI e congiuntamente a costituirsi in giudizio nei procedimenti a carico dell’azienda.
Bardi e la sua maggioranza a trazione leghista mettano al primo posto la salute, l’ambiente e il futuro davvero sostenibile della nostra meravigliosa regione e dei suoi cittadini di fronte alle pressioni e alle richieste che arrivano dalla multinazionali del petrolio, ENI in primis.
Gianni Leggieri
Consigliere Regionale M5S Basilicata