La riapertura del Centro Oli di ENI a Viggiano (COVA) sembra essere diventato ormai un appuntamento fisso, triste e inesorabile, per gli abitanti della Val D’Agri. Sembrano passati anni, ma è bene rammentare che anche l’anno scorso (nel 2016) il COVA è rimasto chiuso per qualche mese a seguito del sequestro disposto dalla Direzione Nazionale Antimafia nell’ambito dell’inchiesta sul traffico e smaltimento di rifiuti petroliferi, giornalisticamente nota come “Trivellopoli”.
Con una delibera approvata ieri, appena prima dell’incontro tra il Presidente della Regione Basilicata e il Presidente Mattarella in visita a Matera, la Giunta Pittella ha dato un nuovo via libera al COVA, le cui attività erano state sospese a causa dell’inquinamento dei terreni circostanti in seguito alle perdite dei serbatoi di stoccaggio (fortemente usurati fin dal 2008).
Con questa mossa, si ottiene il barile pieno e la Regione ubriaca (di royalties) dato che la riapertura viene varata alla scadenza dei 90 giorni di stop previsti dalla delibera di Giunta Regionale n. 322 del 15 aprile 2017.
La delibera di riapertura del COVA non è ancora disponibile per i comuni mortali e molto probabilmente verrà pubblicata domani in contemporanea all’audizione prevista in terza commissione dell’assessore Pietrantuono e del direttore dell’ARPAB.
Dopo 3 mesi all’insegna di una trasparenza pasticciata e confusa, si riapre un altro capitolo del travagliato e fallimentare esperimento petrolifero lucano, anche per motivazioni di mera propaganda pre-elettorale. Perplessità e preoccupazioni sul funzionamento e sulla sicurezza del COVA non solo permangono, ma diventano ancora più pressanti: il riavvio del COVA vedrà l’utilizzo dei soli serbatoi di stoccaggio olio dotati di doppio fondo (V220-TB-001 C e V200-TB-001 D) nonché le parallele operazioni di messa in sicurezza dell’area interessata dalla contaminazione provocata dallo sversamento di circa 400 tonnellate di greggio.
Da quanto è dato di capire, il COVA riprenderà a funzionare in condizioni provvisorie e “arrangiate”, come una sorta di accozzaglia di impianti in condizioni non ottimali,servendosi addirittura di una serie di autobotti esterne per il drenaggio del terreno sottostante e per cercare di evitare ulteriori contaminazioni. Sarebbero queste le condizioni idonee a fornire ai cittadini e al territorio la sicurezza di una situazione definitivamente sotto controllo? Sarebbero queste le condizioni tutte verificate e “controverificate” dagli organismi regionali e non? Appare legittimo chiedersi se la riapertura del COVA non stia avvenendo piuttosto sotto la pressione di quella che è una vera e propria perversa “dipendenza da royalties” del bilancio regionale, annacquando le prescrizioni minime di sicurezza per gli abitanti nonché la bonifica e il ripristino ambientale di un territorio martoriato.
Come M5S continueremo a monitorare attentamente l’evolversi della situazione tenendo conto anche delle osservazioni mosse dallo stesso Ministero dell’Ambiente per il tramite di ISPRA. Rimaniamo dell’idea che il COVA sia insostenibile per l’ecosistema e per l’economia lucana: un governo regionale lungimirante e saggio avrebbe già dovuto attuare una graduale “exit strategy” dal petrolio, esperimento completamente fallimentare che ci auguriamo vivamente non diventi drammatico, in un’estate di fiammate e nuvole all’idrogeno solforato per gli sfortunati lucani della Val D’Agri.
Gianni Perrino
Gianni Leggieri
M5S Basilicata – Consiglio Regionale