In questi giorni è scoppiato nuovamente il caso Fenice di San Nicola di Melfi. Un caso per noi mai archiviato e sempre al centro dell’attenzione della nostra attività in consiglio regionale. Peccato che non tutti hanno dato la stessa importanza e priorità a questa incresciosa situazione permettendo invece ai gestori dell’inceneritore di fare il bello ed il cattivo tempo sia rispetto ai lavoratori, sia rispetto alla sicurezza e al mancato rispetto delle norme in materia di tutela ambientale.

Così oggi scopriamo che rilevanti novità ci sono sia sul versante lavorativo, sia sul versante ambientale.

Quanto al primo punto, dopo aver avuto accesso all’ennesimo contratto di solidarietà, la società Rendina Ambiente srl sembra aver venduto la proprietà dell’inceneritore ad altra società. A questo punto la domanda nasce spontanea, cosa ne sarà dei contratti di solidarietà sottoscritti qualche settimana fa? Quale piano industriale predisporrà la nuova società? Che futuro devono aspettarsi i lavoratori dell’inceneritore?

Domande ancora prive di risposte, anche per colpa della Giunta regionale che finora non ha voluto dar seguito a quella mozione proposta dal Movimento 5 Stelle e approvata dal Consiglio Regionale per l’istituzione di un tavolo regionale proprio per discutere le problematiche lavorative dell’inceneritore di San Nicola di Melfi.

Ma si sa, la politica lucana ha il terrore di assumersi responsabilità e di prendere posizioni. Preferisce restare a guardare nella speranza che i problemi trovino soluzioni magiche.

Ma ancora più grave è la situazione ambientale che si registra in questi giorni già a San Nicola di Melfi. Si torna infatti a parlare di “anomalie radiometriche”, l’ultima segnalata il 29 maggio 2017 si aggiunge alle precedenti 38 anomalie riscontrate tra il 16 dicembre 2014 e il giugno del 2017.

In pratica sarebbero arrivati alle porte dell’inceneritore Fenice camion contenenti rifiuti radioattivi (di che tipo e pericolosità non è dato saperlo). Ma da dove arrivano questi camion e i relativi rifiuti?

Ancora una domanda priva di risposta.

Per non parlare dei monitoraggi bimestrali delle falde acquifere. Da quanto è dato sapere, infatti, l’ultimo monitoraggio che si sarebbe dovuto svolgere nel marzo 2017, non è stato effettuato. Perché ?

Se questo quadro appare già di per sé preoccupante, non possiamo non ricordare che manca ancora il famoso piano di bonifica dell’area contaminata da Fenice, un piano che continua ad essere un mistero.

Rispetto a questa situazione veramente incresciosa ci chiediamo cosa intenda fare l’Assessore regionale competente e lo stesso Presidente Pittella. Forse è arrivato il momento di dare risposte vere ai cittadini che si trovano da anni in prima fila a lottare per il diritto alla salute. Forse sarebbe il caso di revocare quell’AIA concessa a Fenice con un bliz inspiegabile che ha calpestato di fatto anche i compiti della commissione regionale competente.

Attendiamo che la Regione batta un colpo e che magari anche la magistratura dia un cenno di vita anche in considerazione del fatto che ormai le denunce presentate da lavoratori, cittadini ed istituzioni sono veramente tante.

Gianni Leggieri
Capogruppo M5S Basilicata

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