Il quadro delineato dal Tribunale del Riesame in merito alla indagine ormai nota come “trivellopoli” è a dir poco sconcertante e non lascia spazio ad interpretazioni di sorta. Certo, saranno le sentenze a dire alla fine del processo quali responsabilità ci sono e a chi sono ascrivibili, ma ciò non toglie che quanto contenuto nel provvedimento del Tribunale di Potenza rappresenta già una sentenza politica rispetto ad un sistema di collusione e di sudditanza.
Eni ha potuto fare quello che ha fatto ai danni dei cittadini lucani grazie a “controlli approssimativi e carenti” da parte dell’ARPAB che evidenziano una “totale sudditanza nei confronti di Eni” da parte dei laboratori che analizzavano le acque. Un tempo, usando una metafora calcistica si diceva che vi era sudditanza psicologica da parte degli arbitri rispetto alle grandi squadre del calcio italiano. Oggi, il Tribunale del Riesame ha acclarato la presenza di sudditanza psicologica da parte di ARPAB e dell’intero sistema di controlli rispetto ad ENI. Il quadro è sconcertante e nonostante i tentativi maldestri di difesa messi in piedi dall’ENI è anche molto chiaro. Talmente chiaro che il Tribunale del Riesame giudica la perizia depositata dalla pubblica accusa “di chiarezza adamantina“.
È proprio in base a questa perizia, i giudici del riesame confermano la tesi dell’accusa secondo cui l’Eni reiniettava nel sottosuolo non solo l’acqua venuta in superficie con il petrolio estratto ma anche “altri reflui provenienti da distinti processi di produzione effettuati all’interno del centro oli“. Insomma, una situazione veramente scandalosa che si contrappone nettamente alle parole dell’amministratore di Eni – Descalzi – che ora vorrebbe ricostruirsi una verginità parlando continuamente di “best practice” e investimenti nelle energie rinnovabili. Una barzelletta questa che non merita neppure di essere commentata.
Il Capogruppo M5S Basilicata
Gianni Leggieri