Più passa il tempo, più il consiglio regionale di Basilicata assomiglia all’ottavo cerchio, ottava bolgia dell’inferno di Dante, quella in cui il sommo poeta colloca i “consiglieri fraudolenti”: peccatori che vagano avvolti in una fiamma a forma di lingua, che si ravviva ogni qual volta i “dannati” parlano. Per la legge del contrappasso dantesco, coloro che per dare cattivi consigli usarono la lingua, proprio da lingua di fuoco vengono consumati per l’eternità. Una fiamma del tutto simile a quella raffigurata nel noto logo del cane a sei zampe. E la stessa che di tanto in tanto si sprigiona, altissima e inquietante, dal Centro Oli di Viggiano.
Anche oggi, dinanzi alla proposta del M5S Basilicata di deliberare la richiesta il referendum abrogativo degli articoli 35 Decreto Sviluppo e degli articoli 35, 37 e 38 dello Sblocca Trivelle e Inceneritori, si è assistito all’ennesimo stucchevole teatrino bipartisan con l’unico obiettivo quello di “decidere di non decidere”. Mai come adesso tornano alla mente le parole di Dino Buzzati (l’autore de “Il Deserto dei Tartari”): “molto spesso avevo l’idea che quel tran tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita”. Ancora un inutile perdita di tempo prezioso su una questione vitale per i lucani e la Basilicata: bloccare le trivelle in mare e in terra, stoppare la proliferazione degli inceneritori di rifiuti.
Il M5S Basilicata lo aveva preannunciato in qualche modo nei giorni scorsi: questa scelta dilatoria era tutta nella fuffa oratoria del trio Pittella, Lacorazza e Cifarelli. La maggioranza pittelliana aveva già deciso di rinviare la nostra richiesta al vaglio della commissione competente per una sua (eventuale) approvazione entro il 30 settembre 2015. Si ripropone lo stesso, identico copione che, davanti ai sempre più gravi problemi posti dal petrolio in Basilicata, ha finora partorito obbrobri come quella del 4 dicembre 2014: pittelliani e piddini non trovano ancora sufficiente coraggio per dare un segnale chiaro e forte alle multinazionali petrolifere e al loro capo fiorentino, Renzi. Lasciano, ancora una volta, da solo il M5S di Basilicata a gridare: “Giù le mani dal nostro mare, dalla nostra terra, la Basilicata non si tocca!”.
Quello del M5S non era uno “scatto in avanti” (per dirla alla Cifarelli), ma uno “scatto di orgoglio e di dignità”: la proposta di referendum rappresenta la volontà di ridare voce ai lucani e alla Basilicata, ponendola come capofila delle regioni italiane che vogliono lottare contro l’invasione dellle piattaforme petrolifere in mare, delle trivelle e inceneritori in terra.
Arduo accettare lezioni politiche da Giannino Romaniello: a parte la complicata decifrazione del suo criptico intervento, l’ex SEL ha ammesso che non impugnare l’art 38 è stato un gigantesco errore, dimenticando di essere stato complice di quella “non” scelta scellerata. Non accettiamo lezioni di politica nemmeno dal decano del Consiglio Regionale lucano, l’animale politico (absit iniuria verbis) Francesco Mollica che, dopo entusiasticamente aver sottoscritto la nostra richiesta, ha fatto da sponda alla maggioranza, esibendosi in un imbarazzante triplo salto carpiato all’indietro, all’insegna del volemose bene (forse Lacorazza si ispira a lui quando lancia i suoi accorati appelli all’unità).
In questo torrido pomeriggio di fine Luglio, non si segnala nessuna novità per i cittadini lucani: questi signori consiglieri regionali continueranno a blaterare sui presunti successi, su inesistenti vittorie e su appelli all’unità traditi dai fatti. Avremmo voluto vedere un pizzico dell’impegno che hanno messo in campo per ‘salvare’ il comune di Potenza dal fallimento: viene tratto in salvo chi ha causato il disastro finanziario a spese dei cittadini e della comunità lucana.
Cari Pittella, Lacorazza, Cifarelli, Mollica e Romaniello, ricordate che “neppure l’astuzia più fina può sottrarsi alle leggi della giustizia e della ragione” (Ettore Bonora).
Gianni Perrino
Capogruppo M5S Basilicata – Consiglio Regionale