Dal 2003 la SOGIN s.p.a. riceve dallo Stato italiano circa 170 milioni all’anno per bonificare i siti nucleari. A tutt’ oggi non ci è dato sapere a che punto sono i lavori di bonifica del sito che ci interessa direttamente: l’ITREC di Rotondella. In un comunicato stampa del 19 luglio 2012, la Sogin comunicava “l’inizio dei lavori di realizzazione della platea dell’infrastruttura che consentirà la bonifica del deposito interrato di rifiuti radioattivi dell’impianto Itrec di Rotondella (Matera)”, specificando che detti lavori sarebbero durati 18 mesi e che “Il piano industriale prevede al 2015 attività di bonifica ambientale nei siti nucleari per 400 milioni di euro, dei quali circa 40 milioni per le attività nell’impianto Itrec di Rotondella”.
Dal 2013 è attivo un gruppo di lavoro di attivisti del Movimento 5 stelle che, in sinergia con i portavoce europei, nazionali e regionali, cerca di fare luce non solo sulle attività della SOGIN e sullo stato dei lavori di bonifica dei siti, ma anche e soprattutto sui possibili rischi per la salute dei derivanti dalla contaminazione di tali siti.
Nonostante le svariate richieste di accesso ad informazioni ambientali, supportate anche dall’intervento del Prefetto di Matera; nonostante un’interrogazione al Senato del portavoce Petrocelli, in cui oltre a informazioni inerenti lo stato dei lavori di bonifica si chiedeva conto di alcuni capitoli di spesa poco chiari desunti dal “bilancio civilistico SOGIN” del 2007 e del 2012; nonostante un tavolo della trasparenza tenutosi lo scorso Settembre (in seguito all’approvazione di una mozione presentata in consiglio da Gianni Leggieri, portavoce in consiglio regionale del M5S) con la partecipazione di funzionari della SOGIN in cui si sono rivolte domande precise e circostanziate anche sull’entità di alcuni “piccoli incidenti” avvenuti nell’ultimo periodo all’interno dell’ITREC e in particolare dopo l’inizio dei lavori di bonifica in oggetto al comunicato stampa di cui sopra, nessuna risposta chiara è arrivata, nessun accesso a informazioni è stato concesso. E pensare che lo stesso Direttore di ARPAB, Aldo Schiassi, aveva accordato la richiesta di condividere con i cittadini la rete di monitoraggio e di prelievo dei campioni da analizzare.
Un miliardo e settecento milioni in dieci anni per avere come risultato un’inspiegabile morìa di pesci in corrispondenza degli scarichi a mare degli effluenti liquidi radioattivi lo scorso luglio e un altrettanto inspiegabile sversamento di liquido dal monolite che doveva incapsulare una massa solida, un mese dopo.
C’è da credere che l’infelice battuta fatta dai vertici della SOGIN in cui ci si autodefiniva come “società disabituata a lavorare”, non fosse poi tanto lontana dalla realtà. E’ mai possibile che anche in questo caso, come ormai è nella prassi italiana, per fare chiarezza dobbiamo confidare nell’intervento della Magistratura?
Attivisti M5S Basilicata – Gruppo Nucleare