Si può ingannare una parte del popolo per tutto il tempo, e tutte le persone che per qualche tempo, ma non si può ingannare tutto il popolo tutto il tempo. (Abraham Lincoln)
Chi governa la Basilicata? Vito De Filippo oppure Monti e Passera?
Il Consiglio dei Ministri numero 48 del 4 ottobre 2012 ha impugnato(*) davanti al Consiglio di Stato la Legge 08/08/2012 n. 16 della Regione Basilicata, comunemente chiamata Legge sulla Moratoria. Con questo atto, l’assise ministeriale dimostra che il “non governatore” lucano, Vito De Filippo, è un pessimo amministratore, più intento mediaticamente a favorire la sua prossima candidatura al Parlamento che ad amministrare realmente la sua terra.
Dopo averla svenduta per 30 denari di royalties, appena ha sentito odore di elezioni parlamentari, il “defilippiano” Vito de Filippo ha pensato bene di crearsi un alone donchisciottiano, facendosi passare per paladino dei diritti dei lucani, partorendo una legge bluff che nella realtà ha sempre tranquillizzato le società minerarie, sia per l’evidente incostituzionalità della legge stessa, e sia per la possibilità che qualsiasi TAR potesse invalidare i singoli effetti della legge Moratoria sulle istanze bocciate con delibere di Giunta. L’incongruenza burocratica che i TAR rileveranno, dopo il sicuro ricorso delle società petrolifere, è infatti quella che le delibere di Giunta Regionale, indipendentemente dall’incostituzionalità della stessa legge, negano le intese minerarie che la stessa Regione, col suo Dipartimento ambiente, ha in precedenza consentito rilasciando pareri favorevoli alle VIA (Valutazioni di Impatto Ambientale).
Se il “non governatore” vuole veramente fermare le estrazioni di petrolio in Basilicata, non ha bisogno di una legge, ma semplicemente deve ricorrere alla normale procedura amministrativa legalmente consentita: dare i pareri negativi alle osservazioni sulle VIA.
Se il Consiglio di Stato, come appare certo, darà torto a De Filippo, l’unico effetto di questa tecnica da basso impero politico sarà quello di demandare l’amministrazione del territorio non ai suoi amministratori eletti, ma al Governo italiano, che già ha dimostrato di saper governare poco la nazione. Figuriamoci come governerà, impoverendola, la Basilicata, che ha già sotto le mani di Vito De Filippo, raggiunto il triste primato della regione più povera d’Italia.
La finta Moratoria di De Filippo, è già ampiamente utilizzata mediaticamente dal “non governatore”, aiutato in questa operazione di marketing elettorale a danno dei lucani dai radicali di Maurizio Bolognetti, da Comunità Lucana-movimento no oil di Miko Somma e da Legambiente e WWF regionali, tutti partiti e movimenti che si muovono ambiguamente lungo il confine che “non separa” la demagogia governativa da quella di chi si fa credere vicino alle tematiche ambientali ed economiche della Basilicata. Partiti e movimenti subito dimostratisi entusiasti di una legge sulla Moratoria che appariva incostituzionale e ambigua anche ai profani.
Dunque, chi governa la Basilicata? E che ruolo giocano alcuni partiti e alcune associazioni ambientaliste nella gestione del territorio della Basilicata? Ma soprattutto, perché paghiamo centinaia di migliaia di euro all’anno di stipendio a supertecnici dei Dipartimenti regionali, i quali redigono leggi che il Consiglio dei Ministri farà annullare con ricorso al Consiglio di Stato?
Secondo il Movimento 5 Stelle anche in Basilicata è ora di spendere meglio i soldi pubblici, amministrando finalmente la regione e mandando a casa una casta di tecnici e di politici arruffoni.
Ci vediamo in Consiglio Regionale, sarà un piacere.
(*) Motivi dell’impugnativa: La legge della Regione Basilicata n. 16 dell’8 agosto 2012, recante «Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2012 e del bilancio pluriennale per il triennio 2012/2014″ presenta aspetti di illegittimità costituzionale con riferimento a quanto previsto all’art. 37, rubricato “Provvedimenti urgenti in materia di governo del territorio e per la riduzione del consumo del suolo”. La citata disposizione prevede che la Regione, a far data dall’entrata in vigore della norma stessa, non rilascerà l’intesa al conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi prevista dall’articolo 1, comma 7, lettera n) della legge 23 agosto 2004, n. 239. Premesso che la disposizione censurata è riconducibile alla materia, di legislazione concorrente, della “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” (art. 117, comma 3 della Costituzione) si osserva che lo Stato, nell’esercizio della sua potestà legislativa, con la legge 23 agosto 2004, n. 239 recante “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”, ha fissato i principi fondamentali in materia di localizzazione di impianti energetici. La suddetta legge contiene altresì disposizioni per il settore energetico che contribuiscono a garantire la tutela della concorrenza, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica, la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema al fine di assicurare l’unità giuridica ed economica dello Stato e il rispetto delle autonomie regionali e locali, dei trattati internazionali e della disciplina comunitaria. L’art. 1, comma 4, della sopra citata legge prevede che “Lo Stato e le regioni, al fine di assicurare su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni concernenti l’energia nelle sue varie forme e in condizioni di omogeneità, sia con riguardo alle modalità di fruizione, sia con riguardo ai criteri di formazione delle tariffe e al conseguente impatto sulla formazione dei prezzi, garantiscono: (?) d) l’adeguatezza delle attività energetiche strategiche di produzione, trasporto e stoccaggio per assicurare adeguati standard di sicurezza e di qualità del servizio nonché la distribuzione e la disponibilità di energia su tutto il territorio nazionale;” nonché “f) l’adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture energetiche, nei limiti consentiti dalle caratteristiche fisiche e geografiche delle singole regioni, prevedendo eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale (?)”. L’art. 1, comma 3, della legge n. 239/2004, inoltre, chiarisce che il conseguimento dei suddetti obiettivi generali di politica energetica è assicurato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione, dallo Stato, dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, dalle regioni e dagli enti locali. In particolare, secondo il comma 7 dello stesso articolo, spetta allo Stato, anche avvalendosi dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, “l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti” (lettera g), e allo Stato “l’individuazione, di intesa con la Conferenza unificata, della rete nazionale di gasdotti” (co. 8, lett. b), n. 2). Gli art. 29, comma 2, lett. g), del d. lgs. n. 112/98 e art. 52-quinquies del D.P.R. n. 327/2001, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuiscono nella materia di cui si tratta un potere autorizzatorio allo Stato, riconoscendo quindi all’amministrazione statale “una competenza amministrativa generale e di tipo gestionale” a fronte di esigenze di carattere unitario. Il necessario coinvolgimento delle Regioni di volta in volta interessate è assicurato dal D.P.R. n. 327/2001 mediante quello strumento particolarmente efficace costituito dall’intesa in senso “forte”, che garantisce una adeguata partecipazione di queste ultime allo svolgimento del procedimento incidente sulle molteplici competenze delle amministrazioni regionali e locali. Tutto ciò premesso e considerato, la disposizione regionale censurata, negando a priori il rilascio dell’intesa per il conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, si pone in contrasto con i principi generali in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” e, conseguentemente, viola l’art. 117, comma 3 della Costituzione. L’art. 37 della l.r. n. 16/2012 si pone altresì in contrasto con l’art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione (“determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”) in quanto, ostacolando lo sviluppo della rete dei gasdotti di interesse nazionale e con essa l’efficiente erogazione di gas, determina l’impossibilità di provvedere alle esigenze fondamentali dei cittadini. La norma censurata, inoltre, contrasta con l’articolo 97 della Costituzione in quanto, rendendo obbligatorio il ricorso alla procedura alternativa prevista dal comma 6 del più volte citato art. 52-quinquies, appesantisce il procedimento di autorizzazione disciplinato dal D.P.R. 327/2001, in violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa previsto all’art. 97 Cost. La previsione ex lege del diniego dell’intesa, che trova applicazione in modo aprioristico, generalizzato ed indiscriminato, e che si riflette in un appesantimento del provvedimento autorizzatorio, infatti, non contempla la formalizzazione del diniego in un provvedimento motivato in modo chiaro e dettagliato alla luce delle risultanze dell’istruttoria e a specifici elementi di fatto. La disposizione censurata viola, altresì, l’art. 117, comma 1 della Costituzione, nella misura in cui esclude il rilascio dell’intesa regionale per il conferimento di titoli minerari relativi ad idrocarburi anche gassosi. Tale integrale preclusione appare indubbiamente incompatibile con il perseguimento dell’obiettivo della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale delineato nel preambolo della Direttiva 2009/73/CE concernente il mercato interno del medesimo gas. La norma censurata, infine, contrasta con il combinato disposto degli articoli 3, comma 1 e 41 della Costituzione, in quanto le limitazioni ? di carattere normativo ? all’iniziativa economica privata debbono perseguire finalità di utilità sociale, sicché non possono che essere informate ai principi di ragionevolezza e proporzionalità. Infatti il menzionato rifiuto aprioristico e totale del rilascio dell’intesa, ancorché in astratto volto ad un fine di utilità sociale, quale la riduzione del consumo del suolo nel contesto del governo del territorio, non può ritenersi conforme a ragionevolezza e proporzionalità, giacché esso impedisce in limine la ponderazione delle singole istanze, necessaria all’assunzione di misure proporzionate alle concrete fattispecie ad esse sottese. Il contestato diniego assoluto all’intesa di cui all’articolo 37 della legge regionale 16/2012 risulta pertanto arbitrario ed incongruo rispetto ad istanze e progetti, verosimilmente provvisti dei requisiti più eterogenei, che non possono a priori essere valutati in funzione delle corrispondenti peculiarità, con la conseguente compressione della libertà d’iniziativa sancita dall’art. 41 della Costituzione. Per quanto sopra esposto la disposizione regionale indicata deve essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.