Dopo aver scritto pubblicamente a Rocco Papaleo, il sindaco Addux scrive anche a Mario Balotelli, contattato dal Ku Klux Klan per uno spot.
Caro Mario, sembra una maledizione che ci insegue da anni, forse da secoli, e non riusciamo a trovare un antidoto. Quando un negher riesce a superare le colonne d’Ercole dei confini nazionali e si afferma a livello internazionale spuntano come funghi velenosi critici amari e tristi pronti come sempre a riconoscere i limiti di quel successo fino anche a brandire contro il malcapitato la bandiera dell’opportunismo e dell’interesse individuale. Insomma secondo taluni un giocatore di calcio, un prestipedatore, non un politico o un rappresentante delle istituzioni, deve mettere da parte il suo lavoro, la sua passione, le sue emozioni e, fammelo dire i suoi interessi, per divenire “militante” non si sa bene di quale “Black Panther Party”.
Purtroppo, caro Mario, è una maledizione difficile da cacciare. Noi politici lucani, come tu ben sai, abbiamo tanti pregi, ma anche qualche difetto che sembra essersi sedimentato nella nostra pancia e che proprio non riusciamo a digerire. E così, quando c’è qualcuno che fa qualcosa di buono ecco che si tirano in ballo disegni oscuri e manovre machiavelliche come se le correnti politiche, l’attaccamento alle poltrone, l’obbedienza ai capibastone di partito e a volte anche la sveglia che non suonava e mi faceva arrivare a mezzogiorno in Parlamento non c’entrassero nulla.
E’ un trattamento che non meriti. Sei entrato con sbruffonate, incazzature, storie di sesso e vaffanculi nelle case degli italiani portando un po’ della tua storia, della nostra storia più sincera e generosa che è quella del lavoro silenzioso e umile, della nostra testardaggine, della nostra miseria e delle nostre fortune.
Io penso che tu abbia fatto un lavoro egregio non solo nell’Inter di quel mezzo petroliere di Moratti, ma anche e soprattutto nel City di quegli altri accattoni di arabi che pensano di esser chissacchì perché fanno girare 4 o 5 miliardi di petrodollari. Fottitene di loro, come io me ne fotto di chiedere la moratoria delle estrazioni petrolifere nel territorio che amministro. E il tuo primo goal con la nazionale a questi europei ha avuto il grande merito di aver portato un po’ di sorriso sulla nostra terra ridando forza e slancio alle energie della nostra nazione e di tutto il Sud del mondo.
Condivido la tua affermazione, che sei un calciatore superpagato e non un missionario. D’altronde hai illustri predecessori.
Mi viene ora in mente una lunga stagione di partite di calcio che vide protagonista un grande prestipedatore, un genio come Obdulio Varela, il centromediano che fu il capitano della nazionale di calcio uruguaiana campione del mondo nel 1950. Lui, nonostante la notorietà, non cercò vantaggi sul piano economico e visse tutta la sua vita in povertà. Tu, Mario, pubblicizzi il Klan senza chiedere un ritorno economico. Forse oggi ci indigneremmo se trovassimo Varela a pubblicizzare il marchio della Nike o della Adidas, simboli della globalizzazione più sfrenata? O ci siamo indignati perché er Pupone Totti ha prestato la faccia a quel capolavoro di spot della Vodafone? Non so, ma sicuramente non li avremmo giudicati sulla base del loro certificato di nascita e del colore della pelle così come molti fanno con te.
Così come mi viene in mente Sylvester Stallone nel film “Fuga per la vittoria” quando tutti, riconoscendolo, gli chiedevano: “A Rocky, ma tu sei un pugile! Che cazzo ci fai in mezzo a tutti ‘sti calciatori ?”. Come se un pugile o un reduce del Vietnam non potesse giocare a calcio. Anche quello era un luogo comune che Stallone seppe bene esorcizzare con feroce ironia e facendoci magari anche girare un po’ le balle.
Come Sindaco non ho molto tempo per approfondire questo genere di polemiche, questa apparente contraddizione di un negher che sponsorizza il Klan, eppure ho sentito la voglia di scriverti. Vorrei che questo sentimento, molto vicino al giramento vorticoso di sottocoppa, venisse definitivamente domato perché ognuno possa sentirsi liberamente parte di un processo di crescita, indipendentemente dalla sua andatura dinoccolata e dalle sue corse al rallentatore in mezzo al campo o dal suo essere italiano ma negher.
Ma nulla accade per caso.
Ho sentito la voglia di scriverti per un’altra ragione. Non ti nascondo un pizzico di emozione che mi prende quando vedo gli incappucciati del Klan e, permettimi, il gatto e la volpe a rappresentare la mia amministrazione comunale. Sono due simboli che hanno accompagnato l’inizio della mia vita, insieme alla falce e martello che ormai ho cancellato dalla memoria. Mio padre mi falciava e martellava, mia madre mi vestiva sempre con tonaca e cappuccio a carnevale. Io stesso ogni tanto distribuivo benzina e trasportavo bombole, se poi venivano usate per bruciare dei negher o per fargli saltare le case non è certo colpa mia.
E nessuno avrebbe allora immaginato che sul suolo lucano si celava più di una cellula del Klan.
Ma nulla accade per caso.
Ho poi scoperto che il costume del Klan fu disegnato da SpongeBob, poeta e ingegnere dei fondali marini. Dovremmo oggi forse riconsiderare la figura di quello straordinario intellettuale per aver offerto la sua creatività a una compagnia di razzisti invertebrati? Dovremmo forse oggi riconsiderare la figura di Obdulio Varela e di tutti quegli uomini di arte, di ingegno e di creatività calcistica che hanno messo e mettono la loro professione a disposizione del mercato globale e delle multinazionali?
Caro Mario, devo essere sincero. Mi emoziona un po’ vedere sulla tua maglietta azzurra il simbolo che ha accompagnato una parte importante della mia vita trascorsa a guardare partite in televisione nelle sedi del glorioso PCI rappresentato da grandi manager come Antonio Gramsci ed Enrico Berlinguer, che a casa mia erano di casa.
Per il resto non hai certamente bisogno del mio incoraggiamento ad andare avanti nel tuo lavoro, non solo per la nazionale italiana che sono certo resterà per sempre dentro di te, manco fosse appiccicata con l’attack, ma anche e soprattutto per continuare a regalarci qualche attimo di felicità e di emozione in più. A prescindere dalla tua negritudine.
Non farti vedere a Matera, però.